Il fenomeno dell’ Ormesi fu enunciato nel secolo scorso da due ricercatori Arndt e Shulz ( legge di Arndt-Shulz). Rudolf Arndt (1835-1900) & Hugo Paul Friedrich Schultz (1853-1932)
L’ormesi (etimologicamente: stimolazione) consiste nel fatto che molte sostanze, nell’interagire con gli organismi viventi, possono esercitare effetti opposti: un’azione stimolante a basse dosi e inibente ad alte dosi.
Il fenomeno dell’ormesi, che avrebbe potuto cambiare totalmente lo sviluppo della farmacologia del secolo scorso, fu contrastato aspramente dalla scienza convenzionale specialmente perché uno dei suoi enunciatoti, Arndt, era un medico psichiatra esperto anche in omeopatia. Del resto le affinità tra questo fenomeno e l’omeopatia apparivano significative.
Infatti il principio di similitudine, cioè il principio portante della medicina omeopatica, afferma che una sostanza che ad alte dosi può determinare una malattia, a dosi infinitesimali può curarla. Tracce del principio di similitudine (e anche del fenomeno dell’ormesi) si ritrovano nella storia della medicina. Un solo esempio fra tutti: la ben nota osservazione di Ippocrate che l’Elleborus niger, (rosa di Natale) pianta capace di determinare una diarrea simile al colera, poteva in piccolissime dosi curare proprio il colera.
Il Prof. Edward J Calabrese, docente di tossicologia all’Università del Massachusetts, studia il fenomeno dell’ormesi da più di 13 anni ed egli ha potuto dimostrare la validità di questo fenomeno per circa 5000 sostanze.
La diossina che distrugge l’erba, tanto per fare un esempio, a dosi infinitesimali fa crescere i prati.
Ma anche piccole dosi di radiazioni ionizzanti si rivelano protettive verso i danni provocati dall’esposizione a dosi massicce di RX. Così ancora, l’assunzione di moderate dosi di alcool riduce il rischio di malattie vascolari, mentre alte dosi aumentano tale rischio.
Calabrese è impegnato in una personale battaglia affinché la comunità dei farmacologi e dei tossicologi riconsideri tale fenomeno anche perché l’ormesi potrebbe determinare uno sviluppo della farmacologia verso la ricerca degli effetti farmacologici e terapeutici non solo delle massime concentrazioni dei farmaci (ad azione inibente) ma anche del potere terapeutico delle minime concentrazioni (ad azione stimolante).
Le piccole dosi, oltretutto, essendo per loro natura del tutto prive di effetti tossici, limiterebbero l’insorgenza dei molteplici effetti collaterali dei farmaci comunemente usati al giorno d’oggi e che rappresentano il peggiore inconveniente della farmacologia convenzionale.
I primi tentativi di indagare il principio di similitudine su basi sperimentali possono essere fatti risalire alla fine del diciannovesimo secolo, quando H. Schulz pubblicò una serie di articoli che prendevano in considerazione l’azione di vari tipi di veleni (iodio, bromo, cloruro di mercurio, acido arsenioso, ecc.) sul lievito, mostrando che quasi tutti questi tossici avevano un certo effetto stimolante sul metabolismo del lievito quando forniti in bassa dose. Egli poi venne in contatto con lo psichiatra R. Arndt ed insieme essi elaborarono un principio che più tardi venne conosciuto come “legge di Arndt-Schulz”, che dichiarava che deboli stimoli accelerano modestamente l’attività vitale, uno stimolo di intensità media la incrementa, uno forte la deprime e uno molto forte la arresta. Simili osservazioni furono riportate da molti altri autori negli anni ’20 e dalle loro osservazioni si può concludere che il fenomeno di effetti inversi, o bifasici, a seconda della dose di una stessa sostanza era già ben conosciuto prima ancora dell’era della medicina molecolare.
Il manifestarsi di due opposti effetti (sia stimolatorio che inibitorio) da parte di una stessa sostanza quando sia usata a dosi differenti o per periodi di tempo diversi è stato descritto in vari modelli sperimentali ed è stato spesso chiamato “hormoligosis” o “ormesi”.
OSSERVAZIONI : La legge di Shultz su cui si basa la medicina omeopatica dimostra come stimoli lieve, nel suo caso si parlava di stimoli oscillanti, che agiscono a livello cranio-sacrale, rallentanto i 2 ritmi fondamentali ovvero quello respiratorio e soprattutto quello cardiaco, conciliano un sonno tranquilli e revitalizzante, così come il più potente degli stimoli per il bimbo è il respiro materno.
Nel sonno gli stimoli forti non possono che disturbare, mentre i movimenti che fa il bimbo nel grembo materno, i piccoli passaggi nel liquido amniotico scanditi dal ritmo respiratorio materno lo rilassano. Stimoli sensoriali ritmici sono quindi in grado di rallentare i 2 ritmi principali, favorendo sicuramente un sonno più dolce e più energizzante.
In più, rallentando il ritmo respiratorio si ottiene un riempimento ottimale dei polmoni cosa che la respirazione coi i ritmi della modernità, e lo stress, non riesce ad ottenere in modo ottimale.